I paesaggi che guardiamo sono anche paesaggi che ci guardano. A seconda dello stato di grazia o di degrado in cui versano, essi fotografano il tenore delle nostre relazioni e il nostro modo di abitare il mondo. Ogni paesaggio parla di noi e a noi che, propensi a immaginarci padroni anziché custodi del creato, mostriamo di essere i più spaesati tra i viventi.
E come esiste una realtà che ci è esterna, esistono città e paesaggi interiori. Entrambi vivono dei loro continui e reciproci attraversamenti, possono rispecchiarsi l’un l’altro così come respingersi a vicenda.
In ogni caso si tratta di luoghi il cui senso e le cui geometrie sta a noi determinare.
Questo libro raccoglie una serie di voci diverse accomunate però dall’urgenza di affiancare al dibattito sull’ecologia una riflessione sulla qualità dei nostri legami, a partire da come ci riconosciamo e ci parliamo, dalla cura stessa che riserviamo alla lingua di cui facciamo uso e che rappresenta la prima casa dell’uomo.